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Dott. Daniele Russo

Psicologo Psicoterapeuta

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Centro Clinico Il Ruolo Terapeutico: Via G. Milani 12, 20133 (MI) – Lambrate M2

 

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Perchè le decisioni sono difficili?

26-03-2024 23:40

DR

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Perchè le decisioni sono difficili?

Perché è straordinariamente difficile decidere? Se pensiamo a noi stessi come persone e come pazienti, non possiamo fare a meno di vedere che quasi tu

Perché è straordinariamente difficile decidere? Se pensiamo a noi stessi come persone e come pazienti, non possiamo fare a meno di vedere che quasi tutti lottiamo con una qualche forma di decisione. Qualcuno è preoccupato per una decisione specifica della vita. Per esempio su cosa fare in rapporto a una relazione importante, se lasciare o restare con il proprio partner, se lasciare o riprendere la scuola, se tentare di avere un figlio e mettere sù famiglia o rimanere single. Altri invece dicono di sapere quello che devono fare ma non riescono a decidersi e a impegnarsi nella scelta. Altri ancora sembrano riconoscere ciò che è sbagliato in loro ma non sanno come decidersi a cambiare non ottenendo risultati una volta intrapresa una terapia. 

 

Evidentemente c’è qualcosa di doloroso in tutte le decisioni non prese, e diverse sono le ragioni. Vediamono alcune seguendo la riflessione di Irvin Yalom (1980).

 

Le alternative si escludono. Per ogni sì deve esserci un no. Decidere una cosa significa rinunciare a qualcos’altro. Le decisioni in questo caso sono dolorose perche significano la limitazione di altre possibilità. “La realtà del limite è una minaccia a una delle nostre principali modalità di far fronte all’angoscia esistenziale […]. E’ naturalmente possibile evitare la presa di coscienza della rinuncia evitando la coscienza delle proprie decisioni.” Alcune persone possono procedere senza problemi avanzando alla cieca, credendo di aver percorso la via principale. Altre siedono all’incrocio, senza intraprendere nessun cammino, perché non possono intraprenderli entrambi. Una gran parte della maturità e del coraggio sta nella capacità di rinunciare a una strada rispetto all’altra e una gran parte della saggezza sta nella capacità di trovare strade che permettano di rinunciare al meno possibile. 

 

La decisione e il senso di colpa. “Il senso di colpa sembra essere assolutamente in grado di paralizzare la volontà. La volontà che nasce avvolta dal senso di colpa può manifestarsi come contro-volontà”. Se un bambino ha la sfortuna di avere genitori che soffocano la sua impulsività, allora sarà probabile che la volontà del bambino sarà appesantita dal senso di colpa, sperimentando le proprie decisioni e i propri impulsi come qualcosa di proibito. Una persona con questo vissuto non riesce a decidere, perché è come se sentisse di non averne il diritto. É come se il genitore dicesse “non osare essere te stesso, non ne hai le capacità”.

 

Prendere delle decisioni è dunque difficile e doloroso e non c’è da stupirsi se sviluppiamo metodi per evitarle. Il metodo più ovvio consiste nella procrastinazione ma ce ne sono tanti altri più sottili che ci permettono di decidere senza sapere che lo si sta facendo. Rinuncia, angoscia e senso di colpa rendono difficile prendere una decisione e pertanto erigiamo delle difese contro queste minacce.

 

Il trading down. Se la decisione è difficile, perché comporta una rinuncia a scapito di un’altra scelta, allora la decisione sarà più semplice se si organizzano le cose in modo da dover rinunciare il meno possibile. 

 

La svalutazione dell’alternativa scelta. La libertà di per sé fa paura. Le ricerche indicano che il sentimento della libertà aumenta quando le alternative sono percepite come equivalenti. Una decisione confortevole richiede quindi che le alternative scelte siano considerate attraenti e quelle non scelte non attraenti. A livello incoscio è come se si esaltassero le lievi differenze tra due opzioni quasi uguali di modo che la decisione “si imponga” da sola, senza sforzo e senza dolore, evitando così il faticoso incontro con la libertà. La psicologia sociale definisce questo “spiacevole” fenomeno come “dissonanza cognitiva” ossia quando la scelta è incoerente con i propri valori. 

 

Delegare la decisione a qualcun altro. Anche se le persone sembrano lottare con fervore per la libertà, non possono comunque fare a meno di abdicare al cospetto di un regime totalitario che promette di rimuovere il peso della libertà, della decisione e della responsabilità. In terapia, in genere, il paziente lotta per convincere il terapeuta a prendere le decisioni al posto suo, e uno dei compiti principali del terapeuta è resistere alle “manipolazioni” inconsce del paziente che esagera in alcuni casi la propria vulnerabilità o che nasconde le proprie capacità. I casi di delega possono essere svariati. Si può procrastinare una decisione fino a quando questa non viene determinata da qualcuno o da qualcosa. Ad esempio, un datore di lavoro che sembra aver preso la decisione di licenziare un impiegato, quando in effetti può essere stato l’impiegato, lavorando in modo inadeguato, a prendere in segreto la decisione di lasciare quel lavoro. Oppure in una relazione dove uno dei due partner si comporta in modo freddo e distaccato inducendo l’altro a prendere la decisione di chiudere. 

 

Delegare la decisione a qualcosa. “Lasciare la decisione al caso” o a qualcosa di esterno permette di essere risparmiato dal dolore esistenziale insito nella decisione. Il caso, i dadi, le regole.

La decisione riveste un ruolo centrale in qualsiasi percorso di vita ma anche terapeutico. Quando si va in terapia non necessariamente il terapeuta si concentra sulle decisioni in modo esplicito. Tuttavia, ciò che mette in moto l’ingranaggio del cambiamento è proprio una decisione. Nessun cambiamento è possibile senza sforzo e la decisione è l’innesco di questo sforzo. 

In ogni decisione ci sono dei benefici, alcuni consci, altri inconsci. Ad esempio se un paziente desidera cambiare ma non riesce a decidersi a cambiare, il terapeuta potrà concentrarsi non tanto sul rifiuto di cambiare ma sulla decisione presa, vale a dire la decisione del paziente di rimanere quale è. Potrà chiedergli qualcosa tipo: A cosa ti serve? Restare malato e non cambiare, ad esempio è una decisione che può avere dei benefici reali o simbolici come ad esempio una pensione, o assistenza continua e via dicendo. Oppure una persona che fa uso di marjuana e che desidera liberarsi dalla dipendenza. Continua tuttavia a farlo, non riesce a smettere. Perchè? Esplorare i vantaggi dell’assumere la sostanza, come ad esempio il sollievo dall’angoscia, l’euforia, l’assoluzione dalla responsabilità ecc., permette alla persona di scoprire i limiti di ciascun beneficio. Il desiderio e di conseguenza la decisione di cambiare non resisterà a meno che uno non la possegga, riconosca e rifiuti i benefici delle decisioni opposte. 

 

All’interno di un percorso terapeutico, la relazione aperta e fiduciosa tra paziente-terapeuta svolge un ruolo cruciale nel processo del cambiamento. La considerazione incondizionata e la sollecitudine del terapeuta facilitano l’amore e l’autoconsiderazione del paziente. A sua volta, questa spirale evolutiva consente al paziente di sperimentarsi più capace e più in grado di volere in altri ambiti della sua vita. E poi c’è l’insight ossia quel fenomeno che si realizza dall’ incontro e dalla comprensione della propria storia. L’ insight fertilizza la relazione stessa e incoraggia paziente e terapeuta nel lavoro di ricerca. Il terapeuta aiuta il paziente a ottenere una conoscenza di sé che funge da leva per la volontà e per l’accrescimento della capacità decisionale.

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