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Dott. Daniele Russo

Psicologo Psicoterapeuta

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L'attitudine dell'amore

26-03-2024 23:29

DR

voler bene, amare qualcuno, incapaci di amare, fusione,

L'attitudine dell'amore

Troppo spesso commettiamo l’errore di considerare l’attaccamento esclusivo a una persona come prova dell’intensità e della purezza dell’amore.

Troppo spesso commettiamo l’errore di considerare l’attaccamento esclusivo a una persona come prova dell’intensità e della purezza dell’amore. Un amore del genere è secondo Fromm un “amore simbiotico” che nasconde un esagerato egoismo perché si fonda sul bisogno. Ma bisogno di cosa?

 

In primis il bisogno di sentirsi scelti e apprezzati dall’altro, che ci restituisce un’immagine di noi stessi come persone affermate nel nostro stesso essere. Cosa significa? Il puro senso dell’essere, inteso come “io sono”, cioè fonte delle cose che vivo e che mi accadono è troppo doloroso da sopportare perché ci pone di fronte al senso di vuoto e di isolamento esistenziale. Neghiamo quindi l’autocreazione e scegliamo di credere che esistiamo fino a quando saremo l’oggetto della coscienza altrui. Renderci oggetto della mente altrui e rimanere tali non ci rende tuttavia un buon servizio. Perchè? Una relazione impostata con questo presupposto in genere è destinata a fallire perché l’altro, col tempo, si stanca di affermare la nostra esistenza. L’altro non si sente mai completamente conosciuto e completamente abbracciato perché in questo modo ci relazioniamo solo a una parte dell’altro, ossia la parte che serve alla funzione di affermare la propria esistenza. Se uno non può affermare sé stesso allora ha continuo bisogno dell’affermazione da parte dell’altro.

 

Poi c’è la fusione. Le persone che si orientano verso la fusione sono in genere considerate “dipendenti”. Vivono per “l’altro dominante” così come viene definito da Arieti. Scelgono la sicurezza e la fusione a scapito della propria individuazione. Soffocano i propri bisogni cercando di scoprire cosa desidera l’altro e rendono propri quei desideri. Non possono permettersi di attaccare l’altro per non correre il rischio di soffrire in caso di separazione. La fusione elimina l’isolamento esistenziale in modo radicale perché elimina la coscienza di sé.

 

E poi il sesso. Il sesso compulsivo è anch’esso un tipo di risposta all’isolamento e infrange tutte le regole del vero accudimento. L’altro è usato come strumento per soddisfare i propri bisogni e allo stesso modo ci si relaziona solo a una parte di esso. È un tipo di relazione d’uso che riflette il bisogno di soddisfazione primordiale e che riduce l’altro a oggetto. Basti pensare alle parole del sesso che denotano questi aspetti. “Maschione”, “pezzo di figa”, “farsi qualcuno”, “inzuppare il biscotto” che oltre a riflettere la strumentalizzazione dell’altro descrivono aggressività, manipolazione. Tutto tranne che accudimento e relazione.

Allora, seguendo la riflessione di Yalom in “Psicoterapia Esistenziale” come è possibile amare un altro per quello che è e non per quello che offre? Come possiamo amare senza usare? Come possiamo relazionarci a un altro senza dipendere dal bisogno?

 

  1. Voler bene a un’altra persona significa relazionarsi in modo disinteressato lasciando andare la coscienza e la consapevolezza senza chiedersi: “Che cosa posso trarre da questa relazione”?
  2. Voler bene a un’altra persona significa conoscere e sperimentare l’altro nel modo più completo possibile. Se ci si relaziona in modo disinteressato, si è liberi di sperimentare tutte le parti dell’altro invece della sola parte che serve a un qualche scopo utilitaristico.
  3. Voler bene a un’altra persona significa preoccuparsi dell’essere e della crescita dell’altro. L’ascolto autentico favorisce l’altro a diventare pienamente vivo nel momento dell’incontro.
  4. Voler bene è attivo. L’amore maturo significa amare, non essere amato. Uno dà a un altro, non si lascia prendere dall’altro.
  5. Voler bene è uno dei modi di essere nel mondo; non è una connessione esclusiva con un’altra persona.
  6. Il voler bene maturo ha origine nella propria ricchezza, non nella propria povertà, ha origine dalla crescita, non dal bisogno. Non si ama per sfuggire a una solitudine schiacciante. L’amore passato (come l’amore materno) è fonte della forza; l’amore presente è il risultato della forza.
  7. Voler bene è reciproco. Nella misura in cui ci si volge verso l’altro veramente, si è modificati.
  8. Il voler bene maturo non è senza ricompense. Si è modificati, arricchiti e appagati, la solitudine esistenziale è attenuata.

 

Amare e voler bene qualcuno è un processo attivo e non passivo. I pazienti si lamentano spesso della solitudine, del non essere amati o del non essere degni d’amore ma forse il lavoro parte proprio dal lato opposto, cioè l’incapacità di amare. Voler bene e amare qualcuno è dunque un’attitudine, un andare verso, cioè una modalità di relazionarsi pienamente al mondo di un’altra persona.

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